UNDICI OTTOBRE
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Galatina, 26 luglio 2003 |
Pubblichiamo
per gentile concessione dell’autore
L’avvocato
Maurizio Villani fa il punto sulla legislazione riguardante i rifiuti
“La chiamano tariffa ma sembra una
tassa”
Tutto quello che i comuni devono fare per calcolarla
correttamente
La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è stata disciplinata al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente.
I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente.
La gestione dei rifiuti si conforma ai principi di
responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella
produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui
originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell’ordinamento nazionale e
comunitario.
L’attuale disciplina in tema di smaltimento dei rifiuti solidi urbani è contenuta nell’art. 49 del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, comunemente noto come “decreto Ronchi, successivamente modificato dall’art. 33 della L. 488 del 23.12.1999 (Legge Finanziaria 2000). Esso abroga la precedente normativa disciplinante la Tassa Rifiuti (Tarsu) e in suo luogo istituisce una tariffa.
Precedentemente la Tarsu veniva regolamentata dal D. Lgs. n. 507 del 15 novembre 1993, dedicato interamente ad alcuni tributi locali.
L’intento del legislatore è stato quello di intervenire con misure economiche incentivanti e premianti allo scopo di indurre comportamenti coerenti con gli obiettivi posti dal Decreto Ronchi e dare attuazione al principio ambientale “chi inquina paga”.
Il Decreto Ronchi recepisce tre direttive CEE, sui rifiuti (91/156/CEE), sui rifiuti pericolosi (91/689/99CEE), sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio (94/62/CEE).
Le origini del prelievo in argomento risalgono alla legge del 29 marzo 1903, n. 103 che recava disposizioni in materia di “nettezza pubblica e sgombro di immondizia dalle case”. Dopo circa un ventennio, con l’emanazione del R.D. 27.12.1923, n. 2962, venne attribuito al Comune il potere di attuare il procedimento di riscossione e di contenzioso.
Successivamente, la legge n. 366 del 20.03.1941, riscrisse organicamente la disposizioni in materia di “Tassa per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti solidi urbani interni”, in attesa della riforma tributaria.
Ed ancora, con il D.P.R. n. 915/1982 venne radicalmente modificata la disciplina della tassa, attribuendosi maggiore attenzione a problematiche ambientalistiche. Tale decreto subì ulteriori modifiche per effetto del D.L. n. 66/1989, convertito nella legge 24 aprile 1989, n. 144.
L’art. 2 del D.P.R. 915/82 definisce “rifiuto” qualsiasi
sostanza od oggetto derivanti da attività umane o da cicli naturali, abbandonato
o destinato all’abbandono e classifica
i rifiuti in tre categorie: urbani, speciali, tossici o nocivi.
Il decreto Ronchi prevedeva l’introduzione obbligatoria dellaTariffa Igiene Ambientale (TIA) dall’1.01.2000, posticipata, con la Legge Finanziaria 2000, di tre anni, soprattutto a causa delle difficoltà organizzative riscontrate da molti comuni, facendo salva, comunque, la possibilità, per gli stessi, di anticipare il passaggio da Tassa a Tariffa, in via sperimentale, ai sensi dell’art. 49 , co. 1 bis e 16, D. Lgs. n. 22/97.
Nel frattempo, il legislatore ha ritenuto opportuno definire un regime transitorio regolato dall’art. 11 D.P.R. 27.04.99, n. 158, come modificato dall’art. 33 della L. 23.12.1999, n. 448, che consenta di mettere a regime il nuovo sistema tariffario. Pertanto, la soppressione della tassa rifiuti e la contemporanea operatività della “tariffa Rochi” decorrono dalle seguenti date:
a) 1° gennaio 2003 per i comuni che abbiano raggiunto, nell’anno 1999, un grado di copertura dei costi superiore all’85%;
b) 1° gennaio 2005 per i comuni che abbiano raggiunto, nell’anno 1999, un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85 per cento;
c) 1° gennaio 2008 per i comuni che abbiano raggiunto, nell’anno 1999, un grado di copertura dei costi inferiore al 55%, nonché per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, a prescindere, in quest’ultimo caso, dalla copertura raggiunta nel 1999.
In ogni caso è fatta salva la facoltà dei comuni di deliberare l’introduzione sperimentale della “tariffa Ronchi” con disapplicazione anticipata della normativa tributaria.
Il passaggio dalla tassa alla tariffa ha comportato implicazioni volte a delimitare i confini tra imposte, tasse, contributi, tariffe e prezzi pubblici siano essi di natura fiscale che parafiscale.
Sotto il profilo tecnico-giuridico, esiste una differenziazione tra
tassa e tariffa. Con il termine tariffa
ci si riferisce, nell’accezione propria della scienza economica, al prezzo, il corrispettivo di un contratto privatistico che
l’utente trae da un pubblico servizio liberamente richiesto. Mentre,
la tassa, seppure da un punto di
vista economico si configura quale corrispettivo
legato all’emanazione di un atto o di un provvedimento amministrativo ovvero
alla prestazione di un servizio, dal punto di vista giuridico, invece, è un
tributo, ossia un’obbligazione avente come presupposto la funzione di un
servizio pubblico o l’emanazione di un atto amministrativo.
Come già evidenziato sopra, l’art. 49, rubricato “istituzione della tariffa” sancisce al 1° comma, la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti. A tal proposito, parte della dottrina, ritiene fuorviante la dicitura “soppressione della tassa” e “istituzione della tariffa”, in quanto sostiene che la tariffa è un elemento che può caratterizzare qualsivoglia forma di imposizione tributaria, avendo il fine prevalente di modulare il quantum debeatur .
Tutt’al più il passaggio dalla tassa alla tariffa può rendere più flessibile il prelievo, adeguandolo al fabbisogno finanziario degli enti locali. Ma tale motivazione risulta insufficiente se si considera che l’istituzione della tariffa, muovendosi all’interno di una logica di tipo privatistico, perde di vista l’interesse che sottende alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti, che non può essere quello del singolo, ma è quello generale della tutela ambientale.
In realtà, la natura coattiva del prelievo correlata alla divisibilità del servizio pubblico fornito, ci indurrebbe ad attribuire a tale entrata il carattere specifico della tassa. Ed ancora, l’obbligatorietà della domanda è tale, non solo perché il servizio è reso in condizioni di monopolio, ma anche perché il bisogno corrispondente è inderogabile, non essendo ipotizzabile la rinuncia al suo soddisfacimento.
In conclusione, si può affermare che si tratta comunque di una tassa, essendo in essa presenti i requisiti che la caratterizzano, con un meccanismo di imposizione strutturato in tariffa e, pertanto, le relative controversie spettano alla giurisdizione delle commissioni tributarie (cfr. Cass. Sezioni Unite Civili – sent. 9.11.2001 – 1.03.2002, n. 3030).
3) TRATTI FONDAMENTALI DELLA
TASSA RISPETTO ALLE ALTRE PRESTAZIONI PATRIMONIALI.
· autoritatività del prelievo: il pagamento prescinde dalla volontà del cittadino;
· posizione di supremazia dell’ente impositore rispetto al privato: la sussistenza di rilevanti interessi giustifica la non paritaria posizione dei due protagonisti del rapporto;
· previsione di un adeguato apparato sanzionatorio e di poteri di controllo in favore del soggetto impositore;
· immediata esecutività degli atti di imposizione: le pretese creditorie dell’amministrazione devono, comunque essere soddisfatte, in tutto o in parte, anche se impugnate dal contribuente davanti alla magistratura;
· esclusione da IVA;
· giurisdizione delle Commissioni Tributarie.
Il legislatore, in una unica disposizione normativa, (co. 3 dell’art. 49 del D. Lgs. n. 22/1997), ha individuato sia il presupposto che il soggetto obbligato. Il presupposto viene identificato nella “occupazione” e nella “conduzione” di locali, stabilendo che i locali e le aree predette non devono costituire accessorio o pertinenza dei locali medesimi.
Riguardo, poi, all’individuazione del soggetto obbligato, la soggettività giuridica passiva viene attribuita a chiunque occupi oppure conduca, pertanto non è la titolarità di un diritto, ma la detenzione di un locale ad ingenerare l’attitudine alla produzione del rifiuto.
Con riferimento, poi, alla soggettività attiva, i commi 9 e 13 sanciscono che “la tariffa è applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare” ed è ad essi attribuita la relativa riscossione, sia volontaria che coattiva.
La tariffa, articolata per fasce di utenza e territoriali, si
presenta divisa in due parti: una quota fissa, determinata “in
relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in
particolare agli investimenti per le opere e relativi ammortamenti, ed una quota
variabile in relazione alla quantità di rifiuti prodotti, e cioè “rapportata
alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi
di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di
investimento e di esercizio”. E’ evidente che occorre rendere “attrattiva”
la raccolta differenziata: nel momento in cui si chiede all’utente di contribuire alla realizzazione
di un servizio per il quale egli paga, creando, così, nell’utente stesso
aspettative, che sono di natura psicologica ma anche “materiale”: la sua
partecipazione deve trovare riscontro anche in sgravi di natura economica.
Nell’articolare la tariffa per fasce di utenza e territoriali, i Comuni, con il proprio regolamento, dovranno altresì prevedere agevolazioni nel caso di raccolta differenziata o di utenze domestiche ovvero individuare i coefficienti di riduzione qualora il produttore di rifiuti speciali dimostri di aver avviato mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi.
Non si fa, invece, più alcun riferimento al rapporto di copertura del costo del servizio che, ai sensi dell’art. 61, D. Lgs. n. 507/93, varia a seconda delle condizioni finanziarie dell’ente: 50% per i Comuni che non hanno problemi finanziari, 70% per quelli strutturalmente deficitari, 100% per quelli in dissesto. Ne deriva che i costi del servizio devono essere interamente coperti dai Comuni mediante l’istituzione della tariffa. Il tutto comporta l’automatica necessità di un graduale aumento del gettito.
La tariffa, sempre al fine di coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani, deve rispettare la seguente equivalenza:
åtn
= (CG + CC)n-1 (1 + Ipn – Xn) + CKn
dove:
åt = totale entrate tariffarie di riferimento
CGn-1 = costi gestione del ciclo dei servizi
attinenti rifiuti solidi urbani dell’anno precedente, suddivisi a loro volta
in:
A)
CGIND: costi di gestione del ciclo dei servizi sui
RSU indifferenziati, dati da:
- CSL: costi spazzamento e lavaggio strade e piazze -pubbliche;
- CRT: costi di raccolta e trasporto RSU;
- CTS: costi di trattamento e smaltimento RSU.
B) CGD: costi di gestione del ciclo della raccolta differenziata, dati da:
- CRD: costi di raccolta differenziata per materiale;
- CRT: costi di trattamento e riciclo.
CCn-1 = costi comuni attività relative ai rifiuti urbani anno precedente, suddivisi in:
· CARG: costi amministrativi dell’accertamento, della riscossione e del contenzioso;
· CGG: costi generali di gestione (compresi i costi del personale in misura non inferiore al 50% del loro ammontare);
· CCD : costi comuni diversi.
Ipn = inflazione programmata anno di riferimento
Xn = recupero produttività anno di riferimento
CKn = costi d’uso del capitale relativi all’anno di riferimento, dati da:
· Amm (ammortamenti)
· Acc (accantonamenti)
· R (remunerazione
del capitale investito).
AVV. MAURIZIO VILLANI
componente del
Consiglio dell’Unione Nazionale
delle Camere degli
Avvocati Tributaristi
www.studiotributariovillani.it - e-mail avvocato@studiotributariovillani.it
Sappiamo di non
sapere (un commento ai fatti)
VOGLIAMO TUTTI PAGARE MENO: METTIAMOCI A STUDIARE PER CAPIRE COME FARE
Sulla vicenda rifiuti molto
è stato detto (più o meno a proposito) e molto, sicuramente, si continuerà a
dire. L’avvocato Villani, con la sua consueta chiarezza, ci fornisce serie basi
tecniche su cui eventualmente costruire ragionamenti politici.
Siamo certi che il Sindaco,
l’assessore Quarta, e tutti i funzionari che li supportano, avevano già
approfondito i temi che affronta il tributarista leccese. Sarà bene però che
tutti gli interessati si documentino anche per evitare brutte figure e sterili
polemiche prive di proposte.
I cittadini vogliono una cosa semplice: pagare per lo
smaltimento dei rifiuti che producono e che non possono essere riciclati.
Marcello Pepe, presidente
del Centro Salento Ambiente spa, alza
il dito accusatore e pensa così di autoassolversi. Noi riteniamo che per fare
proposte serie e, soprattutto, per ottenere dei risparmi sulle tariffe ci sia
molto da studiare.
Il nostro sito è a disposizione di chiunque voglia farlo portando validi contributi al dibattito ed alla soluzione del problema.
Dino Valente Enzo del
Coco