ALPE

Associazione Liberi Professionisti Europei

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Forum fiscale 2006

TUTTE LE NOVITA’ DELLA FINANZIARIA

Le risposte ai quesiti fornite dall’Agenzia delle entrate

 

REDDITI D’IMPRESA

DIVIDEND WASHING

D. In merito alla formulazione del comma 3 bis dell’articolo 109 del TUIR si chiede di conoscere se la sterilizzazione della quota non imponibile dei dividendi debba avvenire solo in capo al secondo acquirente ovvero anche in capo al primo cedente la partecipazione medesima. Ipotizzando cioè che A abbia venduto a B la partecipazione in X e la società X abbia distribuito nei trentasei mesi precedenti alla cessione da parte di B dei dividendi, si deve ritenere che la corretta lettura della norma porti alla sterilizzazione dei soli dividendi percepiti da B senza alcuna rilevanza per la posizione di A.

R. Il nuovo comma 3-bis dell’articolo 109 del TUIR (introdotto in sede di conversione in legge del D.L. n. 203 del 2005) stabilisce l’irrilevanza fiscale delle minusvalenze realizzate a seguito della cessione di titoli non pex nei limiti dell’importo non imponibile dei dividendi percepiti nei trentasei mesi anteriori al realizzo. La disposizione in esame è (come si evince dalla relazione di accompagnamento al provvedimento) finalizzata al contrasto delle pratiche di arbitraggio intersoggettivo attuate attraverso la cessione di partecipazioni cd. "utili compresi".

Per effetto delle descritte operazioni, come noto, un soggetto cede, beneficiando del regime di pex partecipazioni gravide dei dividendi, conseguendo in tal modo un capital gain detassato, laddove il cessionario incassa la cedola (percependo i dividendi in regime di esclusione d’imposta) e in un secondo momento rivende i titoli in questione (ormai svuotati dei dividendi) al di fuori del regime pex, realizzando una minusvalenza fiscalmente rilevante.

Dalla considerazione della ratio della disposizione emerge chiaramente come la sterilizzazione delle minusvalenze vada a colpire esclusivamente la posizione del soggetto cessionario e, quindi, del soggetto B dell’esempio.

FISCALITA’ IMMOBILIARE

D. In relazione alla nuova formulazione dell’articolo 90 del TUIR, come modificato dal decreto legge n. 203 del 2005, si chiede di conoscere se, tra le spese deducibili in relazione agli immobili patrimoniali siano da comprendere o meno gli interessi passivi indipendentemente dalla loro classificazione tra quelli di finanziamento e di funzionamento. Si ritiene che, anche alla luce di recenti pronunce dell’amministrazione finanziaria che hanno chiaramente affermato l’assenza di ogni relazione tra gli interessi passivi pagati da una impresa ed il correlato fenomeno che li ha generati, i predetti componenti sostenuti in relazione ad immobili patrimoniali, siano deducibili con le limitazioni recate dagli articoli 98, 97 e 96 del TUIR senza che dunque gli stessi rientrino nella limitazione di cui al comma 2 dell’articolo 90.

R. Le modifiche introdotte dal D.L. n. 203 del 2005 [articolo 7, comma 1, lettera a)] in materia di disciplina applicabile agli immobili cd. "patrimoniali" delle imprese - di cui all’articolo 90 del TUIR - hanno avuto ad oggetto esclusivamente il trattamento da applicare ai beni immobili concessi in locazione. L’innovazione in questione, più precisamente, ha riguardato le modalità da seguire per la determinazione dei proventi immobiliari imponibili, limitando il novero delle spese computabili in diminuzione del canone di locazione contrattuale, fino ad un massimo del 15 per cento del canone medesimo, alle spese per la realizzazione di interventi manutenzione ordinaria degli immobili.

Con riferimento alla disciplina delle altre spese e dei componenti negativi relativi gli immobili "patrimoniali", si precisa che la disposizione contenuta nel secondo comma del predetto art. 90 ha carattere speciale e derogatorio rispetto al principio generale di inerenza dei componenti negativi di reddito. Tale norma contiene, infatti, un divieto assoluto di deducibilità di tutti i componenti negativi relativi agli immobili, compresi anche gli interessi passivi ad essi relativi, sia di funzionamento, sia di finanziamento.

DEDUCIBILITÀ DELL’AVVIAMENTO

D. L’articolo 5-bis del dl 203 del 2005 prevede una riduzione del periodo di ammortamento del costo dell’avviamento. Tale periodo risulta ulteriormente modificato da quanto previsto dalla legge n. 266 del 2005 (Finanziaria 2006). In relazione a tali aspetti si chiede di conoscere se il disposto di cui al comma 521 dell’articolo 1 della legge 266 del 2005 possa essere applicato anche al periodo di imposta 2005. Si chiede di sapere se il nuovo criterio di ammortamento debba essere applicato mantenendo fermo il costo originario e dividendo per la quota indicata all’articolo 103, comma 3, del TUIR ovvero si debba intendere la modifica normativa come l’identificazione di un periodo di ammortamento pari a diciotto anni. Si ritiene che, con riferimento alle quote di ammortamento in essere, sia corretta la prima soluzione anche se la risoluzione dell’agenzia delle entrate n. 154 del 2004 parrebbe condurre ad una soluzione simile alla seconda sopra prospettata.

R. L’art. 5-bis del decreto legge n. 203 del 2005 trova applicazione a partire dal periodo d’imposta in corso al 3 dicembre 2005, mentre il comma 521 della legge Finanziaria 2006 entra in vigore il primo gennaio 2006 senza alcuna precisazione in ordine al periodo d’imposta di efficacia di tale ultima modifica all’art. 103 del TUIR.

Si ritiene che il legislatore, richiamando nella disposizione della finanziaria l’art. 5-bis del decreto legge n. 203 del 2005, abbia voluto rettificare la durata minima del periodo di ammortamento dell’avviamento così come appena modificato dalla norma del decreto legge n. 203 del 2005.

La modifica normativa, per espressa previsione del comma 2 dell’art. 5-bis del decreto legge n. 203 del 2005, trova applicazione anche con riferimento alle residue quote di ammortamento del costo sostenuto per l’avviamento in periodi d’imposta precedenti al 2005 e non ancora completamente ammortizzato. Pertanto i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare (a partire dall’esercizio 2005) dovranno determinare le quote di ammortamento del valore di avviamento nel rispetto dei nuovi limiti massimi applicando al costo originario la nuova percentuale (5,56 per cento) senza rideterminare le quote di ammortamento in un lasso temporale di 18 esercizi.

Si riporta nella tabella che segue un esempio riferibile ad un’impresa, con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, che ha sostenuto un costo di 10.000 per acquisire un avviamento nel 1997.

Costo sostenuto

Periodo d’imposta

Aliquota

Quota di ammortamento

10.000

1997

1/5 (20%)

2.000

1998

1/10 (10%)

1.000

1999

1/10

1.000

2000

1/10

1.000

2001

1/10

1.000

2002

1/10

1.000

2003

1/10

1.000

2004

1/10

1.000

2005

1/18 (5,56%)

556

2006

1/18 (residuo)

444

CONTRATTI DI LEASING

D. L’articolo 5 ter del decreto legge n. 203 del 2005 ha modificato i requisiti minimi per la deducibilità dei canoni relativi ai contratti di locazione finanziaria relativi ad immobili. In merito alla problematica dei contratti cosiddetti di leasing appalto, si deve ritenere che le nuove disposizioni non rilevino laddove, pur in presenza di una consegna del bene successiva all’entrata in vigore della legge n. 248 del 2005, sia stato stipulato, prima del 3 dicembre 2005, il contratto nel quale sono stabilite le condizioni del leasing. Tale soluzione apparirebbe più aderente alla formulazione della norma nella quale si parla di stipula del contratto dopo l’entrata in vigore della legge 248 del 2005 anche se il momento della consegna potrebbe rappresentare, di fatto, quello della effettiva decorrenza del contratto di leasing.

R. Come stabilito dal comma 2 dell’art. 5-ter del decreto legge 203/2005, le nuove regole sulla deducibilità dei canoni di locazione finanziaria su beni immobili si applicano ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto che reca la

predetta norma, vale a dire ai contratti stipulati dal 4 dicembre 2005, data successiva a quella di entrata in vigore della legge che ha convertito tale decreto.

Ai fini della individuazione della data di stipula del contratto di locazione finanziaria occorrerà dare rilievo a quelle vicende giuridiche che consentano di ritenere definitivamente intervenuto ad una data certa l’accordo di locazione finanziaria.

Si ritiene pertanto che anche nell’ambito del "leasing appalto" rilevi il momento della stipula del contratto, nel quale viene individuata l’opera che il locatore deve realizzare e stabilite le condizioni del leasing, restando in tal modo ininfluenti le vicende relative alla decorrenza del contratto e, pertanto, alla consegna dell’opera medesima.

RECESSO DEL SOCIO

D. Il decreto legislativo 247 del 2005 ha introdotto nel TUIR il nuovo articolo 20 bis con il quale, analogamente a quanto previsto dall’articolo 6 del dpr n. 42 del 1988, si afferma che costituisce reddito di partecipazione quello derivante dal recesso di un socio di una società di persone.

Posto che tale reddito deve essere assoggettato a tassazione per il suo intero ammontare si chiede di conoscere se nell’ipotesi in cui non è attivabile il meccanismo di tassazione separata, il reddito in questione debba essere assoggettato a tassazione secondo il criterio di competenza ovvero quello di cassa.

R. L’articolo 20-bis del D.P.R. n. 917 del 1986, introdotto dal decreto legislativo n. 247 del 19/11/2005, riproducendo la previsione contenuta nell’articolo 6 del DPR 42 del 1988 stabilisce che "ai fini della determinazione dei redditi di partecipazione compresi nelle somme attribuite o nei beni assegnati ai soci o agli eredi, di cui all’art. 17, comma 1, lett. l), del Testo Unico (e cioè redditi compresi nelle somme e valori attribuiti al socio in sede di recesso), valgono, in quanto compatibili, le disposizioni dell'art. 47, comma 7, indipendentemente dall’applicabilità della tassazione separata".

Tale disposizione definisce, quindi, quali "redditi da partecipazione" i redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci delle società di persone nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale rinviando nel contempo, ai soli fini della determinazione del reddito da assoggettare a tassazione e sempre che compatibili, alle regole dettate dall’articolo 47 del Tuir per gli utili derivanti dalla partecipazione in società di capitale.

Com’è noto, i redditi di partecipazione non costituiscono una autonoma categoria reddituale ma assumono la natura della categoria reddituale da cui traggono origine.

Pertanto, come si evince anche dalla relazione illustrativa al decreto correttivo Ires, la componente reddituale compresa nell’importo percepito dal socio uscente e determinata secondo le regole dettate dall’articolo 47, comma 7, del Tuir, in quanto compatibili, derivando dalla partecipazione in una società di persone, assume natura di reddito d’impresa e deve essere tassato in capo al socio uscente secondo il generale principio di competenza che sottende alla determinazione di tale reddito.

DISINQUINAMENTO DEI BILANCI

D. Il riconoscimento extracontabile di taluni componenti negativi di reddito attuato attraverso le disposizioni di cui alla lettera b) del quarto comma dell’articolo 109 del tuir può essere utilizzato anche per eliminare l’inquinamento pregresso, prodotto dalle interferenze fiscali rilevate nei precedenti bilanci ed ancora presenti.

Tuttavia la maggior parte delle imprese ha operato le proprie scelte in sede di redazione del bilancio 2004 quando ancora persistevano molte incertezze su alcune importanti questioni che hanno trovato definizione solo successivamente con l’emanazione della circolare dell’agenzia delle entrate n. 27/E del 31 maggio 2005. Ciò può aver determinato comportamenti non sempre conformi alle indicazioni fornite dell’Agenzia: anzi, in alcuni casi, le imprese hanno deciso di rinunciare all’eliminazione di quelle interferenze per le quali persistevano incertezze in ordine all’effettiva applicazione della disciplina di neutralità fiscale.

In considerazione di tale situazione si chiede se esistano preclusioni di ordine civilistico e, soprattutto, fiscale ad interventi diretti ad eliminare tali interferenze pregresse, se ancora presenti, anche in sede di approvazione dei bilanci successivi a quello di prima applicazione delle nuove regole.

R. In questa sede si prescinde da valutazioni civilistiche in ordine alla correttezza di un bilancio che non è stato depurato dalle interferenze fiscali, pure in presenza di un inquinamento pregresso segnalato in nota integrativa. Si ritiene che dal punto di vista fiscale possa riconoscersi l’applicazione del regime di neutralità, previsto dall’art. 4, comma 1, lett. h) del decreto legislativo n. 344 del 2003, alla eliminazione delle interferenza fiscali anche in un bilancio successivo al primo in cui ha trovato applicazione la nuova disciplina, a condizione, ovviamente, che le interferenze fiscali emergano dalle risultanze della nota integrativa.

STABILI ORGANIZZAZIONI

D: La disciplina del disinquinamento e delle deduzioni extracontabili di cui al comma 4, lettera b) dell’articolo 109 del tuir si applica anche alle società e agli enti non residenti relativamente alle attività esercitate in Italia mediante stabili organizzazioni?

R. Le stabili organizzazioni determinano il reddito complessivo, ai sensi dell’art. 152 del TUIR, secondo le disposizioni previste per la società e gli enti commerciali residenti (da art. 81 ad art. 116) sulla base di apposito conto economico relativo alla gestione. Pertanto, l’art. 109, comma 4, lettera b) dell’art. 109 può trovare applicazione anche con riferimento alle stabili organizzazioni anche se a tali soggetti non si applicano le regole di valutazione dell’art. 2426 del codice civile.

DEDUZIONI EXTRACONTABILI

D. Le deduzioni extracontabili devono essere portate a riduzione del reddito d’impresa nel Quadro RF del Modello Unico, attraverso il rinvio ivi operato alle risultanze del Quadro EC. Ne consegue che l’omessa o incompleta segnalazione nel prospetto delle deduzioni di cui si intende ottenere il riconoscimento extracontabile impedisce, di fatto, la fruizione di tale regime.

Si chiede di sapere se tale diritto possa essere fatto valere anche in un successivo momento qualora in sede di dichiarazione esso non sia stato, in tutto o in parte, esercitato.

R. Si tratta di stabilire se, in materia di dichiarazioni integrative a favore del contribuente, l'articolo 2 del regolamento di "semplificazione" degli adempimenti fiscali, approvato con DPR 7 dicembre 2001, n. 435, che ha modificato l'articolo 2 del DPR 22 luglio 1998, n. 322, introducendo il comma 8-bis, consente di integrare le dichiarazioni presentate per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito, o comunque di un maggior debito d'imposta o di un minor credito", purché l'integrazione avvenga non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo successivo.

Si ritiene che la mancata segnalazione delle deduzioni extracontabili nel prospetto EC integri un ipotesi di errore o omissione che può essere corretta in un momento successivo attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8-bis del DPR n. 322 del 1988.

D. Il vincolo di capitale imposto per la copertura delle deduzioni extracontabili operate, può essere rispettato anche con riserve di patrimonio netto appositamente costituite attraverso una apposita riduzione del capitale?

R. Si tratta di casi di riduzione di capitale preordinata alla costituzione di riserve di patrimonio netto che ha sollevato dei dubbi sotto il profilo civilistico con riferimento alle procedure richieste.

Per quanto concerne gli effetti fiscali si ritiene che la copertura delle eccedenze risultanti dal prospetto EC possa essere assicurata anche da quelle riserve che si sono formate in occasione della riduzione del capitale sociale.

CONCORDATO 2003 – 2004

PERFEZIONAMENTO DELL’ADESIONE

D. In merito al contenuto del comma 517 della legge 266 del 2005 si chiede di conoscere se la notifica di uno degli atti indicati nel predetto comma precluda l’accesso alla procedura di cui al comma 510.

R. La notifica effettuata entro il 31 dicembre antecedente il primo anno di applicazione dell’istituto della programmazione fiscale di processi verbali di constatazione con esito positivo, redatti a seguito di attività istruttorie effettuate dagli organi dell’Amministrazione finanziaria, di avvisi di accertamento o rettifica, nonché di inviti al contraddittorio per l’eventuale definizione

dell’accertamento con adesione di cui all’articolo 5 del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore aggiunto nonché dell’imposta regionale sulle attività produttive, relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2003 e al 31 dicembre 2004, non è di per sé causa ostativa all’accesso alla procedura di cui al comma 510, posto che le cause di esclusione di detto istituto sono elencate al comma 518.

Pertanto, il richiamo alle disposizioni di cui al d.lgs n. 218 del 1997 deve intendersi nel senso che, qualora il contribuente ritenga di aderire alla proposta di adeguamento anche per lo stesso periodo d’imposta oggetto di uno degli atti sopra indicati, dovrà preliminarmente definire l’atto notificato.

IRRILEVANZA DELLE PERDITE

D. Il comma 516 della legge 266 del 2005 prevede che l’accettazione della proposta di adeguamento di cui al comma 510 esclude la rilevanza a qualsiasi effetto delle eventuali perdite risultanti dalla dichiarazione. La norma prosegue affermando che è quindi escluso e comunque inefficace il riporto a nuovo delle perdite in questione. Si chiede di conoscere se il contribuente interessato alla definizione del 2003 e del 2004 debba dunque non considerare, oltre che le perdite relative ai predetti periodi, anche quelle esposte nelle dichiarazioni relative a tali periodi di imposta e riportate da periodi di imposta precedenti.

R. In relazione alla irrilevanza delle perdite disposta dal comma 516 della legge finanziaria 2006, si richiama, per quanto compatibile, l’interpretazione fornita in materia di adesione all’istituto di cui all’articolo 7 della legge 289 del 2002, al punto 4.6.3 della circolare n. 12/E/03.

Si ritiene, quindi, che il dettato normativo si riferisca anche alle perdite riportate da periodi di imposta precedenti.

D. Ai fini dell’irrilevanza delle perdite, si chiede di sapere quale sarà il corretto comportamento che i contribuenti dovranno seguire relativamente alle perdite divenute irrilevanti ma utilizzate nei periodi oggetto di adesione. In pratica, si chiede se il contribuente che, ad esempio, ha utilizzato nel 2004 una perdita 2003 pari a 100, debba procedere ad una riliquidazione della dichiarazione senza considerare la perdita e dunque versare il differenziale di imposte, addizionali e Irap, eventualmente maggiorati degli interessi, oppure, più semplicemente e sulla falsariga di quanto avvenuto in occasione dell’art. 7 della legge 289/02, dovrà portare in aumento dei maggiori ricavi/compensi risultanti dalla proposta il predetto importo di perdita irrilevante utilizzato nel 2004 e, dunque, sottoporlo ad aliquota sostitutiva del 23%?

R. Il reddito da "adeguamento" è incrementato con l’importo delle perdite utilizzate nel periodo e quindi occorrerà versare la maggiore imposta sostitutiva correlata alle perdite.

In tale caso non è previsto il pagamento di interessi e sanzioni.

Saranno a tal fine istituiti appositi codici tributo.

In caso di inadempimento, laddove il contribuente abbia aderito all’istituto dell’adeguamento, si procederà al recupero delle somme dovute, maggiorate da sanzioni per omesso versamento e da interessi, a far data dall’adesione all’adeguamento.

Le perdite non utilizzate nel periodo di imposta oggetto di adeguamento non potranno essere utilizzate, ovvero riportate, nei periodi di imposta successivi.

ADESIONE ALLE PROPOSTE DI ADEGUAMENTO 2003-2004

D. In relazione alla disposizione del comma 516 della legge 266/2005, che esclude il riporto del credito Iva per i periodi oggetto di definizione, si chiede come si debba procedere, anche sotto il profilo sanzionatorio, alla regolarizzazione delle dichiarazioni e all’eventuale utilizzo o rimborso del credito non riportabile in base alla predetta norma.

R. Dal tenore letterale della disposizione recata dal comma 516 della legge finanziaria per il 2006 emerge che la sua portata non possa essere che quella di rendere inesistente il credito eventualmente liquidato dal contribuente nella dichiarazione originaria. Conseguentemente, è escluso il riporto al periodo d’imposta successivo ovvero il rimborso del credito IVA risultante dalle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta oggetto di definizione.

Si ritiene che, nel caso in cui il credito risultante dalla dichiarazione relativa all’anno definito abbia formato oggetto di riporto, ma senza che il relativo importo sia stato, anche in parte, utilizzato in compensazione, il contribuente non sia tenuto a particolari adempimenti di rettifica della

dichiarazione originaria, né tanto meno possa essere sottoposto a sanzioni. Resta inteso che il contribuente non dovrà riportare il credito nella dichiarazione annuale IVA da presentare nell’anno 2006.

Qualora, invece, il credito esposto in una delle due dichiarazioni sia stato utilizzato in compensazione o rimborsato, ferma restando comunque l’inapplicabilità delle sanzioni, lo stesso dovrà essere versato dal contribuente entro il termine ultimo per aderire all’istituto in esame (16 ottobre 2006). Nel caso in cui siano stati corrisposti al contribuente interessi per ritardata esecuzione del rimborso gli stessi dovranno essere riversati unitamente al credito.

In caso di inadempimento da parte del contribuente l’ufficio procederà al recupero delle somme dovute secondo le ordinarie procedure.

ADESIONE ALLA PROGRAMMAZIONE FISCALE

D. Per i contribuenti che aderiscono alla programmazione fiscale, il comma 507 prevede che l’inibizione dei poteri dell’amministrazione non opera, tra l’altro, qualora non siano adempiuti gli obblighi sostanziali Iva. E’ corretto ritenere che la regolarizzazione spontanea di eventuali violazioni sostanziali, attraverso il ravvedimento operoso, renda inapplicabile la disposizione del comma 507?

R. Il comma 505 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 disciplina gli effetti, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, dell’accettazione del regime di programmazione fiscale disponendo alla lett. a) che per i periodi oggetto di programmazione "…il contribuente assolve ordinariamente a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto…".

Il successivo comma 507, prevede che l’inibizione dei poteri di accertamento non opera quando non siano adempiuti gli obblighi sostanziali ai fini Iva.

Si ritiene, tuttavia, che la norma di cui al menzionato comma 505 abbia inteso semplicemente affermare la regola secondo cui il regime di programmazione fiscale non esonera il contribuente dall’adempiere direttamente a tutti gli obblighi "normalmente" previsti dalla disciplina Iva.

Pertanto, non sembra che l’eventuale assolvimento di uno o più degli obblighi sostanziali attraverso il ricorso al ravvedimento operoso sia in linea di principio incompatibile con la programmazione fiscale e con gli effetti ad essa ricollegabili; ferma restando, infatti, l’applicazione delle sanzioni ad esso collegate, non può non considerarsi che con il ravvedimento il contribuente si pone pur sempre nella situazione di aver adempiuto direttamente e spontaneamente agli obblighi richiesti.

ARTICOLO 60-BIS, DPR 633/72

SOLIDARIETÀ DEL CESSIONARIO

D. In relazione all’istituto della responsabilità solidale del cessionario, introdotto con l’articolo 60-bis del dpr 633/72, si chiede di conoscere con quali strumenti l’amministrazione attiverà l’azione di recupero del tributo nei confronti del cessionario.

R. Il recupero del tributo nei confronti del cessionario sarà effettuato attraverso gli ordinari strumenti di controllo e riscossione.

Durante il procedimento, sarà pienamente salvaguardata la possibilità per il cessionario di far valere l’esistenza delle esimenti di cui al comma 3.

SOLIDARIETÀ DEL CESSIONARIO: DECORRENZA

D. Si chiede conferma che l’art. 60-bis del dpr 633/72 trova applicazione solo dalle operazioni effettuate dal 2006, dopo l’entrata in vigore del decreto ministeriale 22/12/2005. Si chiede inoltre di precisare se tale decreto debba intendersi in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione in G.U., ovvero dal quindicesimo giorno successivo.

R. Le disposizioni di cui all’art. 60-bis trovano applicazione nei confronti delle operazioni effettuate a decorrere dal 31 dicembre 2005, giorno di pubblicazione, nella G.U. n. 304, del D.M. 22 dicembre 2005.

PERSONE FISICHE

ASILI NIDO

D. Il comma 335 della legge finanziaria 2006 prevede per il solo 2005 una detrazione del 19% per le spese sostenute dai genitori per la frequenza di asili nido da parte dei figli, si chiede di conoscere se:

  1. a) il beneficio prescinde dalla tipologia di asilo nido frequentato;
  2. b) i bambini che frequentano i nidi devono avere un’età compresa tra i 3 mesi e i 3 anni;
  3. c) le spese pagate devono essere computate per cassa a prescindere dal periodo scolastico di riferimento;
  4. d) le spese possono essere liberamente ripartite tra gli aventi diritto.

R. Il comma 335 introduce uno strumento di carattere fiscale finalizzato al sostegno alle famiglie, concernente le spese sostenute dai genitori per il pagamento delle rette relative alla frequenza di asili nido.

In particolare, solo per le rette pagate nel 2005 è prevista una detrazione fino a un massimo di 632 euro dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, nei limiti del 19% delle spese sostenute per la frequenza dell’asilo nido da parte dei figli.

In risposta, al quesito sub a) si rammenta che, ai sensi dell’articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 488, costituiscono asili nido le strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi ed i tre anni ed a sostenere le famiglie ed i genitori.

Il disposto normativo del comma 335 non contiene alcuna precisazione riguardo alle caratteristiche tipologiche dell’asilo. Pertanto è possibile fruire del beneficio fiscale in relazione alle somme versate a qualsiasi asilo nido, sia pubblico che privato.

Per quanto riguarda il quesito di cui al punto b), le bambine e i bambini per i quali compete l’agevolazione sono quelli che sono ammessi e frequentano l’asilo nido.

Al punto c) viene chiesto se la detrazione spetta a prescindere dal periodo scolastico di riferimento. A tal proposito si chiarisce che la detrazione, in aderenza al principio di cassa, compete in relazione alle spese sostenute nel periodo d’imposta 2005, a prescindere dall’anno scolastico cui si riferiscono. Poiché il comma in commento stabilisce un tetto massimo di spesa di 632 euro annui per ogni figlio, lo sconto d’imposta massimo ottenibile è di 120,08 euro.

In relazione al quesito sub d), si fa presente che la detrazione va divisa tra i genitori sulla base dell’onere da ciascuno sostenuto. Qualora il documento di spesa sia intestato al bimbo, o ad uno solo dei coniugi, è comunque possibile specificare, tramite annotazione sullo stesso, le percentuali di spesa imputabili a ciascuno degli aventi diritto.

Si evidenzia, inoltre, che le spese in discorso devono essere documentate e sostenute secondo i principi generali validi in tema di detrazione.

Si ritiene, infine, che, per quanto concerne le spese cui si riferisce la disposizione in commento, la documentazione dell’avvenuto pagamento possa essere costituita da fattura, bollettino bancario o postale, ricevuta o quietanza di pagamento.

PLUSVALENZE IMMOBILIARI

TASSAZIONE AGEVOLATA DELLE PLUSVALENZE IMMOBILIARI

D. Sovente accade che artigiani, imprenditori individuali, impegnati nell’ambito delle costruzioni edili, ricevano dall’appaltante, in corrispettivo dell’opera prestata, un’unità immobiliare in luogo del denaro. Con riferimento alle disposizioni introdotte dai commi 496 e 497 della legge 266/2005, si chiede di sapere se le unità abitative come sopra acquisite rientrino nel regime d’impresa ai fini dell’IRPEF e dell’IVA, oppure se sia possibile, in fase di cessione, avvalersi delle nuove disposizioni.

R. I commi 496 e 497 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 hanno introdotto importanti novità nell’ambito della tassazione delle cessioni immobiliari, per quanto riguardo sia le imposte dirette che quelle indirette.

Il comma 496, in particolare, ha modificato il regime di tassazione delle plusvalenze immobili ari.

Le plusvalenze soggette alla nuova disposizione sono quelle di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, e, quindi, quelle realizzate in seguito alla cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni (con esclusione di quelli acquisiti per successione o donazione e delle unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei

suoi familiari), nonché quelle realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

Rimangono quindi escluse le plusvalenze previste dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 67 del TUIR, realizzate mediante la lottizzazione dei terreni o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili e la successiva rivendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici.

In base alla disciplina introdotta dal predetto comma 496, alle plusvalenze così realizzate si applica un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito pari al 12,50 per cento.

Tale nuova modalità di tassazione rimane comunque alternativa rispetto al precedente ed ancora vigente sistema ordinario, che prevede la concorrenza al reddito complessivo del contribuente ovvero, limitatamente alle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, la tassazione separata

Il comma 497 prevede, inoltre, la possibilità per le parte acquirente di un immobile abitativo di calcolare la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto.

In merito alla domanda formulata, si ritiene che un immobile ricevuto in corrispettivo per l’opera prestata in esecuzione di un contratto d’appalto costituisca un pagamento in natura e rappresenti, quindi, un componente positivo del reddito del percettore, avente, ai fini delle imposte dirette, la stessa natura fiscale di un pagamento in denaro.

Di conseguenza, per quanto riguarda la possibilità di avvalersi del regime opzionale previsto dal comma 496 per le plusvalenze immobiliari, sono i principi che regolano la categoria dei redditi diversi a precludere la soluzione prospettata. Infatti, l’articolo 67 del TUIR dispone che non possono essere considerati redditi diversi quelli conseguiti nell’esercizio di arti o professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice.

Analoga risposta deve essere fornita in merito alla possibilità di avvalersi del doppio valore ai fini dell’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale.

Infatti, è lo stesso comma 497 a specificare che rientrano nel campo di applicazione della norma le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali.

CESSIONE DI SOLE PERTINENZE

D. Rientrano nell’ambito di applicazione del comma 497 della legge finanziaria per il 2006 le cessioni in via autonoma di unità immobiliari che l’acquirente intenda destinare a pertinenza di una unità abitativa.

R. Considerato che la norma in questione, che espressamente richiama le pertinenze, non prevede esplicite limitazioni al riguardo, si ritiene che sia possibile applicare anche all’acquisto separato della sola pertinenza dell’abitazione il disposto di cui al comma 497 della finanziaria sempre che, naturalmente, risulti nell’atto di acquisto la destinazione pertinenziale dell’immobile.

IMPOSTA SOSTITUTIVA SULLE PLUSVALENZE

D. Si chiede se, in relazione alle disposizioni introdotte con il comma 496 della finanziaria 2006, nel caso di più venditori, sia possibile applicare parzialmente la tassazione sostitutiva qualora non tutti abbiano interesse ad avvalersene.

R. Si ritiene ammissibile, nel caso di più venditori, che l’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva possa essere esercitata solo dai soggetti che abbiano interesse ad avvalersene.

IVA

DETRAZIONE COSTI DEI VEICOLI

D. Il comma 125 della legge 266/2005 ha ridotto all’85% l’indetraibilità dell’imposta sui mezzi di trasporto di cui all’art. 19-bis1, lett. c), del dpr 633/72. E’ corretto ritenere che la fruizione della detrazione del 15%, in luogo del 10%, spetti con riferimento agli acquisti la cui imposta si sia resa esigibile dal 1° gennaio 2006?

R. In base al primo comma dell’art. 19 del DPR n. 633 del 1972, il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile e può essere esercitato, entro due anni, alle condizioni

esistenti al momento della nascita del diritto medesimo, previa registrazione della fattura di acquisto (ex art. 25, stesso decreto).

Pertanto, nel caso in cui l’imposta sull’acquisto, importazione ed acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili di ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli fosse esigibile successivamente al 1° gennaio 2006, la detrazione sarà ammessa in misura del 15% dell'imposta assolta; tale percentuale è fissata nella misura del 50% per i veicoli con propulsori non a combustione interna.

Si evidenzia che, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’IVA sulle cessioni dei beni mobili è esigibile al momento della loro consegna o spedizione, mentre per le prestazioni di servizi tale imposta è esigibile al momento del pagamento. Quando le predette vicende sono precedute dal pagamento ovvero dalla fatturazione dell’operazione, è in tale momento che l’IVA diviene esigibile.

Ad esempio, con riferimento al caso del leasing, si rileva che i canoni di locazione afferiscono a prestazioni di servizi e l’esigibilità dell’IVA nonché il diritto alla detrazione di tale imposta sorgono nel momento del pagamento dei canoni (o, se anteriore, della loro fatturazione); se tale pagamento (ovvero fatturazione) avviene dopo il 1° gennaio 2006, il locatario finanziario avrà diritto alla detrazione sui predetti canoni nelle nuove misure fissate dalle norme in commento. Pertanto per un contratto di leasing già in corso la detrazione dell’IVA può essere operata nella misura del 15% (o del 50% se il veicolo acquistato ha propulsori non a combustione interna) in relazione ai canoni corrisposti o fatturati a partire dal 1° gennaio 2006, restando irrilevante il momento della stipula del contratto medesimo.

Infine - come già sostenuto nei diversi documenti di prassi (da ultimo, circ. 26 settembre 2005, n. 41) emanati relativamente alle disposizioni che hanno prorogato nel tempo l’indetraibilità dell’IVA sui predetti mezzi a motore - resta fermo che tale indetraibilità si applica in misura totale per le operazioni di acquisizione dei componenti e ricambi, per i servizi di impiego, custodia, manutenzione e riparazione, nonché per l’approvvigionamento di carburanti e lubrificanti destinati ai predetti mezzi a motore, oggetto delle limitazioni in commento.

SCHEDA CARBURANTE

D. L’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 444, come modificato dal comma 109 della legge finanziaria 2006, stabilisce che la disciplina della scheda carburante non si applica, tra gli altri, nei confronti degli autotrasportatori di cose "per conto terzi". Al riguardo si chiede se la disposizione della finanziaria 2006 possa valere anche per gli autotrasportatori in conto proprio.

R. Il comma 109 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 ha aggiunto solo "gli autotrasportatori di cose per conto terzi" tra i soggetti elencati dall’articolo 6 del dPR n. 444 del 1997, ai quali non si applicano le disposizioni concernenti l’utilizzo della scheda carburante per l’annotazione degli acquisti di carburante per autotrazione. La modifica interessa, quindi, solo le imprese che esercitano l’attività di autotrasporto di merci per conto terzi iscritte nell’albo istituito con legge 6 giugno 1974, n. 298. Di conseguenza, l’obbligo di documentare i predetti acquisti con fattura non ricorre per gli autotrasportatori di cose in conto proprio, titolari della licenza di cui all’articolo 32 della predetta legge n. 298 del 1974.

PRODUZIONE DI ENERGIA DA PARTE DEGLI AGRICOLTORI

D. Il comma 423 della legge n. 266/2005 stabilisce che la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali, da parte degli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell’art. 2135, terzo comma, c.c. e si considerano produttive di reddito agrario.

Si chiede di chiarire se tale disposizione valga anche agli effetti dell’Iva, con conseguente applicabilità dell’art. 34-bis, oppure rimanga ferma, al riguardo, l’interpretazione resa dall’Agenzia con la circolare n. 6 del 16 febbraio 2005.

R. Il comma 423 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge Finanziaria per il 2006) stabilisce che la produzione e la cessione di energia elettrica derivante da fonti rinnovabili di origine agricola o forestale (intendendosi per fonti rinnovabili le biomasse e i materiali organici utilizzati a fini energetici, le colture energetiche dedicate sia arboree sia erbacee, i residui agricoli e forestali) effettuate dagli imprenditori agricoli rientrano tra le attività connesse di cui al comma 3 dell’art.

2135 c.c. e si considerano produttive di reddito agrario ex art. 32 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

Si ritiene che la suddetta disposizione abbia effetti solo ai fini delle imposte sui redditi e non anche ai fini dell’IVA.

E’opportuno, al riguardo, ricordare che l’art. 34-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, introdotto dall’art. 2, comma 7, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) prevede per gli imprenditori agricoli esercenti le attività agricole connesse di cui al comma 3 dell’art. 2135 del c.c. dirette alla produzione di beni e alla fornitura di servizi, un regime forfetizzato di detrazione dell’IVA stabilito in misura pari al 50% dell’imposta applicata sulle operazioni imponibili.

In considerazione del fatto che i produttori agricoli sono già destinatari per le cessioni di beni di un regime speciale di detrazione ex art. 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, con la circolare n. 6 del 16 febbraio 2005 è stato chiarito che una interpretazione della norma recata dall’art. 34-bis del decreto da ultimo citato, volta ad estendere la forfetizzazione della detrazione IVA alle cessioni di prodotti diversi da quelli elencati nella tabella A, parte I, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, sarebbe incompatibile con la normativa comunitaria perché in contrasto con l’art. 25 della sesta direttiva CEE che prevede l’attribuzione di un regime speciale ai soli beni e servizi elencati negli allegati alla medesima direttiva.

Pertanto è da ritenersi che alle attività dirette alla produzione e vendita di energia elettrica derivante da fonti alternative rinnovabili di cui all’art. 1, comma 423, della legge n. 266/2005 non si renda applicabile il regime speciale IVA di cui all’art. 34-bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

CONTRATTI PRELIMINARI E RIMBORSO IVA

D. Con la recente risoluzione n. 179 del 27 dicembre 2005 è stato precisato che l’IVA corrisposta sulle fatture d’acconto pagate in base al preliminare di acquisto di un bene ammortizzabile non è rimborsabile, difettando il presupposto di cui all’articolo 30, terzo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Pare logico ritenere, tuttavia, che tale imposta a credito possa, naturalmente se non compensata, essere chiesta a rimborso dopo la stipulazione del contratto definitivo, anche se in anni successivi, secondo quanto chiarito, anche nelle istruzioni del modello VR, a proposito del presupposto in esame. Si chiede conferma al riguardo.

R. Come già chiarito con la circolare n. 13 del 5 marzo 1990, "…a determinare l’ammontare rimborsabile concorre non soltanto l’imposta afferente i beni ammortizzabili acquistati nell’anno, ma anche quella assolta su tali beni in anni precedenti…". Di tale orientamento tengono conto le istruzioni al modello VR di richiesta di rimborso IVA annuale.

Occorre, ovviamente che il credito non sia stato in precedenza chiesto a rimborso, né compensato nel modello F24 o portato in detrazione dall’IVA a debito, ma che dalle annotazioni contabili l’imposta risulti riportata, in tutto o in parte, in detrazione negli anni successivi.

Nell’ipotesi oggetto del quesito, pertanto, atteso che con la stipula del contratto preliminare di vendita non si realizza il presupposto di cui all’articolo 30, terzo comma, lettera c) del dPR n. 633 del 1972 per il rimborso della relativa imposta (come chiarito con la risoluzione n. 179 del 27 dicembre 2005), se l’esercizio del diritto alla detrazione o l’utilizzo del credito risulta rinviato agli anni successivi, lo stesso potrà essere chiesto a rimborso unitamente all’imposta relativa al saldo corrisposto con la stipula del contratto definitivo.

Quanto sopra nel rispetto del disposto di cui all’articolo 19, comma 1, ultimo periodo del dPR n. 633 del 1972, secondo cui "il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati … può essere esercitato al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto alla detrazione ed alle condizioni esistenti al momento della nascita".

CESSIONE DEL CREDITO INFRANNUALE

D. Si chiede di sapere se vi siano impedimenti alla cessione del credito infrannuale chiesto a rimborso ai sensi dell’articolo 38-bis, secondo comma, del dPR n. 633 del 1972.

R. L’articolo 5, comma 4-ter del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154, dispone che "in caso di cessione del credito risultante dalla dichiarazione annuale deve intendersi che l’ufficio… possa ripetere anche dal cessionario le somme rimborsate". Da tale disposto normativo si desume implicitamente che il credito relativo ai

rimborsi infrannuali non possa essere ceduto, non essendo configurabile alcun limite alla possibilità di ripetere le somme cedute.

Per "credito risultante dalla dichiarazione annuale", infatti, si deve intendere quello indicato nella dichiarazione annuale IVA e, pertanto, solo tali crediti - e non anche quelli infrannuali chiesti a rimborso - sono suscettibili di cessione.

DICHIARAZIONE ANNUALE IVA

D. In caso di operazioni societarie di incorporazione aventi effetto dal 31 dicembre è corretto ritenere che, essendo il periodo d’imposta ancora in corso, l’incorporante debba assorbire nella propria liquidazione IVA di dicembre le operazioni dell’incorporata e presentare, poi, un’unica dichiarazione composta di due moduli?

R. Nell’ipotesi di società fuse mediante incorporazione con effetto dal 31 dicembre 2005, l’incorporante è tenuta a far confluire nella propria liquidazione di dicembre anche le operazioni effettuate dall’incorporata nello stesso mese o trimestre in cui l’operazione straordinaria è avvenuta.

Inoltre, la società incorporante deve presentare in via telematica la dichiarazione IVA, composta dal frontespizio e da due moduli (uno per l’incorporante e l’altro per la società incorporata).

Nel modulo relativo alla società incorporante devono essere compilati, tra l’altro, tutti i quadri inerenti alla propria attività, riportando i dati delle operazioni effettuate dallo stesso soggetto nel corso del 2005, compresi anche i dati relativi alle operazioni effettuate dalla società incorporata nella frazione di mese o trimestre nel corso del quale è avvenuta la fusione.

Nel modulo relativo alla società incorporata devono essere compilati tutti i quadri inerenti all’attività dalla stessa svolta, comprendendo, tra l’altro, i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’ultimo mese o trimestre precedente a quello in cui è intervenuta a fusione.

D. Si chiede di precisare le modalità di compilazione e presentazione della dichiarazione annuale IVA nell’ipotesi di incorporazione avvenuta in data antecedente alla scadenza della prima liquidazione periodica. Per esempio, se Alfa ha incorporato Beta il 20 gennaio 2005, come sarà strutturata la dichiarazione relativa a tale anno? E’ corretto ritenere che Alfa debba comunque presentare un’unica dichiarazione con due moduli, senza indicare alcun dato contabile nel modulo di Beta in quanto incorporata ed estinta anteriormente al compimento del primo periodo di liquidazione?

R. Nel caso rappresentato nel quesito l’incorporante deve presentare un’unica dichiarazione IVA per il periodo d’imposta 2005, composta dal frontespizio e da due moduli (uno per l’incorporante e l’altro per la società incorporata).

In particolare, nel modulo relativo alla società incorporante devono essere compilati, tra l’altro, tutti i quadri inerenti alla propria attività, riportando i dati delle operazioni effettuate dallo stesso soggetto nel corso del 2005, compresi anche i dati relativi alle operazioni effettuate dalla società incorporata nella frazione di mese o trimestre nel corso del quale è avvenuta la fusione, ossia nel caso in esame nel periodo 1° – 20 gennaio 2005.

Nel modulo relativo alla società incorporata, a cura dell’incorporante, deve essere indicata al rigo VA1, campo 1, la partita IVA della società incorporata e il codice dell’attività svolta da quest’ultima (rigo VA2, campo 1).

Si ricorda, infine che la società incorporante è obbligata, inoltre, a presentare la dichiarazione per l’anno 2004 relativa alla società incorporata.


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